martedì 27 ottobre 2015

Le Sushettes

Succede, da qualche anno a questa parte, che l'inizio di ottobre coincida con la ripartenza di qualche progetto radiofonico.
Quest'autunno ha portato un singolare e volutissimo regalo.
L'on air di Radio Frequenza Appennino che è la webradio che mi ha tenuto a battesimo e Le Sushettes.

Frequenza Appennino, di per se non sarebbe una novità, se non fosse che durante la scorsa primavera le prospettive della radio della collina bolognese non erano le più rosee. 
Per questo io, Donato, Gimmi e Luca ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo ricostruito con tanta determinazione quella che oggi è una bellissima realtà formata da parecchi programmi e una ventina di redattori. 

E poi ci sono Le Sushettes che più che una rubrica di RFA è ciò che è succede a scontrare due zucche dure: la mia e quella di Sara, la Gee.

Io e La Gee (diminutivo de La Geeri) ci siamo incontrate in maniera piuttosto anticonvenzionale, durante l'unica ricerca via rete che abbia mai effettuato per andare a vedere un concerto.

GS: "Qualcuno va a vedere Elio stasera?"
SG: "Presa!"

Tempo di reazione 10 secondi netti, un record, se pensi che quel presa porta dentro un annusata canina ricolma di curiosità-interesse-ammirazione. Approvata.

Da Elio a oggi, tra me e La Gee ci sono stati:
  • sushi
  • confessioni
  • scambi d'opinioni su materie prettamente femminili
  • birre
  • trash
  • sushi
  • momenti di scazzo condiviso
  • musica anni '60
  • selfie con maschera facciale in corso -il massimo livello di fiducia tra femmine social-
  • risate da sentire in tensione ogni muscolo del corpo
  • video di gatti
  • qualche piantarello
  • sindromi premestruali
  • sushi
  • pacche sulle spalle
  • concerti e scambi di vedute sul mondo musicale
  • suhi
  • drammi esistenziali
  • birra
  • sushi
Per questo fiume di sushi e parole la mia esperienza radiofonica non poteva più fare a meno della Gee, quindi, già dall'anno scorso, abbiamo iniziato a disegnare l'idea che ci avrebbe unite davanti ad un microfono. E per meglio contenerci, questo bozzolo avrebbe dovuto comprendere cose a caso di donne, gatti a tempo di beat, trash, giapponesate e sushi.

Le Sushettes, la creatura di cui vi parlo un secondo dopo averla rodata, è la rubrica che potete ascoltare tutti i martedì dalle 20.00 e in replica il venerdì alle 18.00 su www.frequenzappennino.com.
Io e la Gee vi teniamo compagnia per 60 minuti durante i quali daremo spazio a quella cultura nipponica che ci ha decimato i neuroni durante gli anni '80.
#jappydays #fukushettes #tsingtsing sono gli hashtag che governano il nostro tempo on air, una matrioska di momenti sui quali domina #astrokaiten, l'innovativo metodo di divinazione del kaiten che predice l'andamento settimanale dei segni del sushi.

Vi lascio un assaggio.. la nostra sigla!






lunedì 26 ottobre 2015

Autumn

Ci sono canzoni come foglie.
Alcune hanno venature di colori bellissimi.
Altre scricchiolano nel momento in cui le fai ripartire.
Come foglie le canzoni ti si appiccicano addosso, alcune fanno un mucchio croccante, altre sfaldano e rimangono lacere sotto le suole, altre avvolgono come mantelli regali.

Ci sono canzoni che ascolteresti a non finire, poi la musica smette e il ricordo cancella.
Ci sono tracce fondamentali, appassite, annegate, perdute.
Ci sono melodie che ti tengono appeso e si insinuano dentro ai polmoni. E quando escono fanno un po' male, di quel dolore pungente dell'aria fredda nei respiri invernali troppo profondi.

Ci sono canzoni che odorano.
Sono rimaste a macerare.
Non profumano.

Ci sono soltanto canzoni.

Ci sono canzoni che non conosco, ma sono tutte qui e mi rendono forte e stupida e malinconica.
Melodie suonate piano per amare, graffi di note che sbavano il rimmel, variazioni lente che scavano il cuore.






venerdì 28 agosto 2015

L' Iride ovvero: il potere benefico della parrucchieria.

L'iride è la mia parrucchiera.
Chi mi conosce sa che l'Iride è la mia parrucchiera perché ne parlo spesso: qualche volta la temo e qualche volta la imito, ma la maggior parte delle volte la adoro.

L'Iride è un Guru, il suo salone è una palestra di vita e farsi tagliare i capelli da lei è sicuramente un'esperienza.

L'Iride va aggettivata sempre perché è romagnola e perché è l'Iride.
La prima volta che sono andata da lei era il 2001 e dovevo rimediare a delle meches orrende che mi facevano sembrare una ragazza dell'est; mi disse, con quel suo modo forte e roco:
"Chi viene da me e poi va da altre parti, stai tranquilla che ritorna".
Così fu.

L'Iride ha i capelli biondi e mossi, li tiene fermi con un nastro alla Madonna-like a virgin anche se nell'84 era più grande di Madonna, che l'età delle signore non si dice, ma io devo spiegarvi il soggetto. C'è una complicità tra di noi che è propria delle donne dispari, di quegli spiriti un po' ruvidi a cui non vanno a genio i convenevoli. E passi per quel che mi riguarda, ma il convenevole nella vita di una parrucchiera è pari solo alla quantità di gossip subito, una delle altre cose che ci fanno cagare.

L'iride è inarrestabile: nella sua vita non ha mai smesso di aggiornarsi, di andare a Londra a seguire le nuove tendenze e i nuovi colori, che è una cosa semplice se ci pensi, ma mica tutti lo fanno. Quando parte per un aggiornamento si gasa e quando torna è un uragano con le forbici in mano, ma poi le vien la malétta.
- Sai cos'è la malétta in romagnolo? E' quando c'hai due maroni talmente grandi che ti strisciano per terra.-
Te lo credo, anche a me verrebbe se tornata dal corso di Toni & Guy avessi decine di cachet azzurrini da fare alle vecchiette.
E allora quando vado dall'Iride lei è contenta, perché abbiamo stretto un sodalizio che si colloca a metà tra la nipotanza e la subordinazione cavia-scienziato pazzo.
Quando voglio far crescere i capelli, sento che è come se la deludessi un po'e le mie richieste vengono accontentate con mestizia. Quando voglio cambiare l'Iride c'è, si illumina, tira fuori tutti i suoi cataloghi, propone ed esclama "Te lascia fare alla tua vecchia!".

I tagli dell'Iride sono a buon rendere, nel senso che danno il meglio con il tempo e solitamente sono perfetti a due settimane dalla seduta.
Durano tre mesi. Non un giorno di meno, ne uno di più. C'è un tempo tecnico in cui il taglio "sfiorisce" ma comunque per un bel po' stai sereno.
I tagli dell'Iride non fanno per te se vuoi un carrè, le lunghezze tutte uguali o se non puoi soffrire l'asimmetrico.
Tendenzialmente l'Iride fa quello che vuole lei perché è più brava dei clienti a capire di cosa ha bisogno un viso e se hai delle aspettative di avere "i capelli come" allora lascia perdere perchè lei scava e sfila con quelle forbici fino a trovare il tuo viso. Non quello che avevi immaginato, ma quello che hai. E lo sa fare davvero bene.

Così stamattina sono andata dall'Iride e le ho chiesto di cambiare.
Le ho spiegato come, le ho proposto un asimmetrico e l'ho vista caricarsi dell'entusiasmo di un bambino.
Com'è andata decidetelo voi.
Io mi sento come se qualcuno mi avesse tolto di dosso una coperta pesante.













martedì 25 agosto 2015

Ironic

Il refrain dell'ironia -accessorio indispensabile fornito direttamente nella scatola del vùvùvù- arriva sempre puntuale da chi non ha neppure letto la definizione da dizionario.
Ve la fornisco io, cari. Così non dovete fare lo sforzo mondieau! di aprirlo, il dizionario.

Ironia
i·ro·nì·a/ sostantivo femminile
Alterazione spesso paradossale, allo scopo di sottolineare la realtà di un fatto mediante l'apparente dissimulazione della sua vera natura o entità

Lo scudo dell'ironia.
Il toccco-blu-non-gioco-più dei quasi grandi.
Uno specchio riflesso, una tana, un pace libera tutti che poi non libera un bel cazzo di niente.
Una qualsiasi di quelle paroline magiche che, piccoli, liberava da ogni male.

Tua madre è puttana --> ironia
Morti di figa --> ironia
Troia --> ironia

Tutte le offese del mondo, attraverso la bacchetta magica dell'ironia dovrebbero diventare piacevoli calembour, secondo chi la utilizza a casaccio.
E per di più, ogni volta che si  prova a fare luce sull'essenza di questo vocabolo si viene tacciati come stronzi permalosi e ottusi.

Insomma, se sei buono ti tirano le pietre, etc.

Per non parlare poi delle morti celebri, della politica, del calcio e di tutte quelle cosucce di cui pullulano i social e che, nel giro di tre commenti, finiscono a coltellate virtuali.

Per facilitare quelli che proprio non ce la fanno mai, nemmeno una volta nella vita, ho pensato a un piccolo schema per capire se è  davvero ironia oppure merda.





























Ed ecco il consueto video, un po' ovvio a questo giro, ma mi perdonerete.



domenica 23 agosto 2015

L'estate sta finendo

L'estate agli sgoccioli ha sempre fatto schifo, perché il tempo si rompe, va in pezzi, ti toglie calore e certezze.
Toglie certezze anche non trovare nulla di buono nell'armadio e trovarsi vestiti random ma coi sandali aperti nelle pozzanghere.

Io me la ricordo, dell'estate finita, dai tempi dei Righeira.
Avevo pochi anni, ma ripetevo quelle parole trovando loro una forma.
L'estate sta finendo - un'alternanza stagionale inedita.

Sto diventando grande, lo sai che non mi va.

Queste parole mi sono scese nel petto da bambina, non perché siano dense di poesia o ricercate o importanti, ma solo perché mi costringevano a constatare che effettivamente a ogni ascolto un anno era passato.

Così ci risiamo anche oggi, pronti a celebrare con mestizia il rito della vigilia della fine dell'estate.
E come sempre il porto sicuro di ogni moto di malinconia è lo specchio sociale che il mondo del vùvùvù ci mette a disposizione.
Forse perché la nostalgia, oltre a essere canaglia, crediamo ci lasci un alone di mistero addosso, ci renda più appetibili o ci regali quel tratto caratteristico di cui fondamentalmente siamo privi.

Allora via al compianto:
Solamente martedì scorso eravamo qui *foto in costume o panorama istigatore di violenze*
Domani si torna in ufficio *lacrimuccia*
Non posso credere sia tutto finito

Non puoi credere sia tutto finito. Io invece posso.
Ma che cazzi, sei stato in vacanza un mese filato, hai fatto più tappe di Mr. Fogg nel Giro del mondo in 80 giorni! E nonostante tu abbia visitato solo luoghi esteri, hai aggiornato status su tutte le piattaforme social in tempo reale, minuto per minuto.
Dimmi, hai dovuto vendere un rene a TIM oppure caghi Wi-Fi?
No perché io ho fatto molta fatica durante le giornate di rovesci temporaleschi, che hanno occupato tre quarti della mia vacanza, a trovare una sola connessione stabile.
E no, non volevo un Wi-Fi per postare le mie foto in costume, volevo solo scrivere a mia madre che nonostante

- la cistite
- le inondazioni
- le cavallette
- il mal di gola

era tutto ok e che, anzi, ero felice.
Sono felice.

Quindi, no, non mi appassionano le finte mestizie per la fine dell'estate e i valzer sulla fugacità delle vacanze estive non mi appartengono.

Sto diventando grande, lo sai che non mi va.




PS: ma che fatica trovare una cover di questa canzone. Stavo per cantarvela io.

domenica 9 agosto 2015

The Letter

Ciao F,

Come stai?

Volevo dirti che forse ieri c'erano le quadrature astronomiche giuste, forse è stato il caldo al quale stiamo attribuendo colpe di tutto, forse non lo so nemmeno io.
Fatto sta che mi sono ritrovata a mandare quella mail di cui parlavamo l'ultima volta che ci siamo visti.

E' strano pensare a tutte le parole invisibili che si nascondono dietro a comunicati sintetici.
Queste lettere gonfie come fagotti, ricolme di messaggi soltanto pensati, pesanti di tutto quello che non bisogna scrivere.

Mail traboccanti vento come vele spiegate.
Un' assurdità di pixel e mare.

Forse è il caldo al quale stiamo attribuendo tutte le colpe.

E' consolante credere che ci siano momenti circostanziati in cui davvero la vita può finire da un'altra parte, dalla parte giusta, soltanto premendo invio.

Io penso che non esistano un prima e un dopo nel fare le cose, che le cose le fai esattamente quando puoi farle. Può sembrare una visione fatalista, e probabilmente lo è. Ma alla fine va sempre come dico io. Le cose accadono quando possono. Siamo noi che per paranoia ne facciamo una questione di prima e dopo.

Forse è il caldo al quale stiamo attribuendo tutte le colpe.

Ti lascio e ti ringrazio per parole vecchie di anni, che hanno viaggiato, si sono perse ma sono tornate alle mie orecchie nel momento preciso in cui servivano.

Vado a dormire e col cuscino girato dalla parte dei piedi, altrimenti non è vero caldo.

Bacio,

G


mercoledì 5 agosto 2015

#penisgate. Soffrire le pene per colpa del pene.

Non so se il pene porti pene, sicuramente porta scompiglio.
Specialmente se il pene in questione è attaccato ad uno degli uomini più sexy del pianeta.

Sto parlando di Lenny Kravitz, icona del rock internazionale, che durante l'esibizione di Stoccolma si è trovato letteralmente nudo sul palco a causa di un cedimento strutturale dei pantaloni in pelle super aderenti.

Il web si è commosso, indignato, nobilitato, crowfuso contemporaneamente.
Fioccano le condivisioni e sfottò.



Le cyberfemmine sono le più agguerrite: centimetro alla mano misurano, scrinsciottano, moviolano ancora ed ancora ed ancora il pistulino del Lenny.

E' graande, è piccolo, ha il piercing.

E nelle orecchie ho ancora il #YoLaTengoComoTodas della Pausini, che aveva mostrato le pudenda altrettanto accidentalmente, e invece era stata accusata di fare marketing disonesto.
Dalle stesse donne che hanno riguardato frammento per frammento il video di Lenny desnudo, inforcando il monocolo da orefice.



Dopotutto pensavo meglio.

Certo, dobbiamo fare i conti con un feticcio svelato. Le migliaia di donne che sognavano segretamente l'intimità di Kravitz devono fare i conti con una fisicità rivelata che probabilmente non le soddisfa quanto le fantasie chilometriche esenti da piercing.

E se le star si rivelano non all'altezza -o sottodimensionate- una soluzione sana e poco costosa c'è:
Signore, stasera smutandate vostro marito.


Lunga vita a Steven Tyler.